Prologo

 

 

L’indovinava libera d’altro, sotto quella specie di caftano bianco, stampato a fiori blu.

Era leggerissimo, e le cadeva giù dalle spalle morbido, ondeggiante alla brezza serale di fine estate, che saliva dal mare.

"È una cena tra amici", gli aveva detto Marco, invitandolo, "ci sarà pure Chiara, di passaggio in città con una sua collega." Ma lei, evidentemente, non sapeva già della sua presenza, perché lo aveva salutato con sorpresa, gradita, si accorse subito lui, sentendola mormorare il suo nome quasi incredula.

Si costrinse a un abbraccio formale, di due amici che non si incontrano da tempo, ma gli costò. La chimica d’un giorno rianimò emozioni che credeva smarrite, mentre le sfiorava la guancia in un accenno di bacio.

Qualcosa negli occhi della donna gli confermò che tutto quel tempo era passato invano, forse, anche per lei.

L’indovinava sciolta, sotto quel sottile cotone che non riusciva a mortificarne la femminilità delicata, disarmante. Il suo portamento severo, distaccato, piuttosto che smorzarlo, ne esaltava il fascino quando si lasciava andare a un sorriso, che ti toccava dentro.

L’intuiva indifesa, sotto quei fiori blu, ma quel pensiero non gli accendeva i sensi. Era di un abbraccio più intimo, di un abbandono, che avvertiva il desiderio. Avesse potuto, l’avrebbe condotta in spiaggia, a contare le stelle.

Sei il solito stupido! Si rimproverò. Ci sono momenti in cui prenderla troppo alla lontana può risultare offensivo, oltreché sciocco!

Ma non era d’altro che avvertiva l’urgenza. Quella sera, almeno.

Cercò di convincersi che lei non gli avesse letto nel pensiero, quando gli domandò, con un sorriso appena velato: «Da quanto tempo non ci vediamo? Sarà un paio d'anni?» Sembrò sorprendersi.

«Forse non tanto», rispose lui, «ma è certamente troppo tempo!»

Sedettero, infine.

Erano capitati accanto, tra tutte quelle persone, come se ancora una volta il caso avesse voluto divertirsi.

Un chiacchiericcio confuso si incrociava sopra le portate che imbandivano la tavola.

Lei partecipava alle conversazioni, ora sorridendo a una battuta, ora assentendo ad affermazioni più serie. Curava appena il cibo, con quel suo consueto modo di fare distaccato.

Lui non si sorprese, quando gli pose la mano sull’avambraccio per richiamarne l’attenzione, in un moto forse abituale, ma che sapeva di intimo.

Le sorrise, e accostò appena il capo per ascoltare meglio ciò che aveva da dirgli.

«Ricordi l'ultima volta che ci siamo incontrati?»

La ricordava eccome! Ci aveva pensato tante volte, e sempre con il cocente rammarico di non aver capito o, perlomeno, di aver peccato di tempestività.

Si erano trovati per caso a Roma, e avevano cenato insieme. Lei, che si dichiarava praticamente astemia, a un certo punto aveva accostato alle labbra il calice del vino: "giusto per augurio!" Aveva tenuto a precisare.

E poi lo aveva rifatto altre volte: sempre piccoli sorsi, molto misurati.

Di lì a poco, la notte li aveva accolti amichevole, tra il picchiettare dei tacchi di lei sui sanpietrini, e le loro ombre che si allungavano sotto i fari delle rare automobili di passaggio.

Era una tiepida sera di fine estate, e spirava il classico ponentino romano, che alleggeriva i pensieri e stemperava l’umidità della notte.

Lei indossava un tubino smanicato, che lasciava le braccia libere di esibirsi, indifese, e portava appesa a cavallo della borsetta una leggera giacchina di cotone.

Stavano percorrendo un viale dove i lampioni che avrebbero dovuto illuminare i marciapiedi avevano perso da tempo la battaglia contro le foglie, ancora folte, dei platani che punteggiavano la strada.

Biancheggiavano nell’ombra, quelle braccia; erano lì, a un respiro di distanza, invitanti, irresistibili.

E lui aveva un solo pensiero in testa: prenderla a braccetto, carezzare quel candore che per tutta la serata non gli era riuscito di ignorare.

Sorrise amaramente, rammentando come un distorto senso di rispetto lo avesse spinto a un accosto indiretto: «ho un gran desiderio di prenderti sottobraccio», gli era sfuggito. «Se le tue braccia non fossero scoperte lo avrei già fatto!»

«E che problema c'è?» Aveva rilanciato immediatamente lei, indossando la giacchina.

Sì! Si era sentito stupido, quando poi, per assecondare il suo desiderio, lei gli aveva porto il braccio, coperto.

Un’opportunità sciupata? Se l'era chiesto, dopo aver percepita l’arrendevolezza con la quale gli si appoggiava al fianco, non curandosi di evitare contatti più prolungati.

Imbecille! Imbecille!

Avresti solo dovuto abbracciarla, lì, sotto i platani, all'ombra di quelle foglie, senza parole inutili.

«E come potrei non ricordare!» Rispose, tornando in sé, allo sguardo interrogativo di lei. «Rammento tutto, purtroppo!» Soggiunse, con un sorriso amaro.

Avrebbe potuto articolare una risposta molto meno sintetica, ma non era più tempo di ragionamenti raffinati.

E il tono di quelle poche parole aveva detto molto più di quanto avrebbe potuto spiegare un’espressione più complessa.

 

E, infatti, lei sorrise.